Victor Capesius: farmacista ad Auschwitz

 

Capesius-2

Una delle figure più inquietanti che abbiamo incontrato in questo nostro viaggio nella storia del campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau è sicuramente quella del farmacista transilvano Victor Capesius, uomo capace di tradire, mandare a morte e appropriarsi dei beni dei deportati, suoi concittadini ed amici che venivano selezionati, con inumana indifferenza, direttamente all’arrivo nel lager con la presenza dottore delle SS Josef Mengele. Dopodiché, in quanto farmacista, “somministrava” loro lo Zyklon b. Nato in Romania nel 1907 dopo aver frequentato il liceo, si laureò prima in farmacia e poi in filosofia. 

Prima della guerra fu informatore scientifico proprio per la IG Farben, la ditta produttrice del micidiale Ziklon B usato nelle camere a gas per gassare i deportati.
Durante il conflitto venne prima chiamato a dirigere la farmacia ospedaliera dell’esercito rumeno poi, come molti altri transilvani di etnia tedesca, sulla base dell’accordo tra Berlino e Bucarest si arruolò nelle Waffen-SS dove inizialmente gli verrà riconosciuto il grado di Hauptsturmführer, Capitano, e poi di Sturmbannführer, ovvero Maggiore. 

Dal 12 febbraio del 1944 al 18 gennaio del 1945, cioè fino alla liberazione, Capesius ricoprirà il ruolo di responsabile della farmacia del lager di Auschwitz. auschtwitz jpg libro pagina 20

L’ex prigioniero Wilhelm Prokop, aiuto farmacista nella farmacia delle SS, dettò a verbale accuse anche più gravi: «Capesius mi ha fatto l’impressione di un uomo per cui un prigioniero era solo un numero, destinato unicamente a essere annientato. Nel solaio della farmacia vi erano per lo meno quindici valigie stracolme di denti d’oro estratti, che avevano ancora attaccata la carne delle vittime. Emanavano un fetore orrendo. Capesius si avvicinò alle valigie, si accovacciò accanto a esse e frugò con le sue mani in quella roba puzzolente. Ne estrasse una protesi e se la pose davanti, come se ne valutasse il valore. Io me ne sono scappato via».

da Il farmacista di Auschwitz, Dieter Schlesak, Garzanti, 2009

Dopo la fine della guerra, come moltissimi altri ufficiali delle SS, riuscì a fuggire ma fu arrestato e processato (nel processo contro alcune SS che si svolse dal 20 dicembre 1963 al 20 agosto 1965 a Francoforte) riuscì comunque a cavarsela con soli nove anni di carcere, dopodiché, arricchitosi anche grazie agli averi usurpati ai deportati che egli stesso aveva fatto uccidere, aprì una farmacia a Göppingen in Germania, dove morì nel 1985 in serenità. 

Da: Al termine del binario: Auschwitz

 

KZL Dora-Mittelbau

_I5I4277

Alle 4 e 13 del mattino del 13 giugno 1944, ci fu un’esplosione in un campo di lattuga, 25 miglia a sud est di Londra. La Gran Bretagna era in guerra da cinque anni, ma questo evento segnò l’inizio di un nuovo tormento per gli abitanti della capitale, un tormento che sarebbe durato diversi mesi e costato migliaia di vite.
I tedeschi chiamavano la loro bomba volante “Vergeltungwaffe”, arma di rappresaglia.
Le V1 erano uno spettacolo terrificante. Le loro due tonnellate di acciaio sfrecciavano nel cielo con una fiammante coda color rosso-arancio. Ma era il suono a rimanere impresso in modo profondo ai testimoni. I razzi arrivavano ronzando come un’ape impazzita per poi proseguire stranamente in silenzio. Il silenzio segnalava che avevano finito il carburante e stavano cadendo. Al contatto con il terreno avrebbero provocato un’esplosione assordante che poteva radere al suolo diversi edifici (dal testo Uccideresti l’uomo grasso di David Edmonds, Raffaello Cortiana Editori).
Le potenti V1 non avevano bisogno di un pilota e venivano lanciate giorno e notte attraverso il canale della Manica.
Naturalmente la storia della loro invenzione e del loro utilizzo è entrata a far parte obbligatoriamente del nostro percorso di studio sui campi di concentramento nazisti.

Continua a leggere “KZL Dora-Mittelbau”

Karol Tendera: prigioniero n. 100430

_I5I1893-2

Karol è un signore polacco di oltre 95 anni che appena diciannovenne, mentre si trovava a scuola, è stato preso dalla gestapo e deportato in Germania come lavoratore coatto: Karol è stato rinchiuso sia nel lager di Auschwitz che in quello di Birkenau.

Karol come altre centinaia di migliaia di suoi compatrioti era destinato, secondo il progetto nazista, ad essere eliminato perché la Polonia, la sua terra, doveva essere liberata dai polacchi e ripopolata dai tedeschi, questo è quanto dichiarava in un famoso discorso Himmler:

”Il nostro compito non è quello di una germanizzazione nel vecchio significato della parola, cioè insegnando la lingua e le leggi tedesche alle persone residenti in Polonia, ma piuttosto ripopolando quelle stesse terre con dei coloni di pura razza germanica”. 

Anche le intenzioni dello stesso Hitler in tal senso erano molto chiare, infatti nel suo discorso del 22 agosto 1939 ai generali della Wermacht egli dichiarò:

”Ho inviato le mie truppe speciali ad oriente con l’ordine di uccidere senza pietà uomini, donne e bambini di origine e lingua polacca. Questo è l’unico modo per guadagnare lo spazio vitale di cui abbiamo bisogno:…la Polonia sarà spopolata e ripopolata dai tedeschi”. 

Certo che Karol in quanto prigioniero politico non è stato sottoposto alla selezione di rito e destinato alle camere a gas, ma è stato fatto prigioniero o forse dovremmo dire schiavo nel lager. Karol non aveva nulla che fare con la politica, era semplicemente un giovane studente.

Le vittime polacche del regime nazista furono all’incirca sei milioni.

La mattina è freddissima, la neve cade copiosa e noi abbiamo appuntamento nella hall

Continua a leggere “Karol Tendera: prigioniero n. 100430”

Le pietre d’inciampo a Venezia

IMG_3514

 

Venezia città per eccellenza da vivere a piedi: a Venezia si cammina e si “inciampa” continuamente non solo nella millenaria storia della Serenissima ma anche da qualche anno nella più recente e terribile storia dei deportati veneziani nei lager nazisti durante la seconda guerra mondiale.

Passeggiare alla ricerca della Memoria, del ricordo di tutte quelle persone che, grazie al lavoro dell’artista tedesco Gunter Demnig, ritroviamo nelle cosiddette pietre d’inciampo: blocchetti di bronzo dalle misure di un sanpietrino che, come nel resto d’Europa, sono memento mori di un tragico passato.

 

mappa pietre d'inciampo Venezia

La nostra passeggiata non può che cominciare nel famosissimo Ghetto, situato nel sestiere di Cannaregio, poco distante dalla stazione ferroviaria. Gli arresti e le deportazioni iniziarono qui nel dicembre del 1943 e proseguirono sino all’estate del 1944. Duecentoquarantasei furono gli ebrei Veneziani arrestati ed inviati prevalentemente ad Auschwitz- Birkenau, transitando per i campi di Fossoli, San Saba a Trieste e Bolzano.

Continuando a camminare si raggiungono i sestieri di Castello, dove nei pressi di campo Santa Marina inciampiamo nuovamente nei blocchetti della memoria e in quello di San Marco, dove le pietre sono posate in campo della Guerra, a pochi minuti da piazza San Marco.

Anche nelle vicinanze dell’università di Cà foscari a Dorsoduro troviamo alcune pietre d’inciampo così come nelle vicine isole del Lido e di San Servolo.

Certo non si tratterà della classica spensierata passeggiata veneziana con il naso all’insù ma di un vero e proprio percorso della memoria fatto di piccoli importanti istanti di riflessione personale che ci metteranno a confronto con quello che fu e che mai più dovrà essere.

Per chi volesse approfondire consigliamo i seguenti volumi:

Storia del ghetto di Venezia, Riccardo Calimani – Mondadori editore.                                      I carnefici italiani, Simon Levis Sullam – Feltrinelli editore.

 

 

Auschwitz I

Arbeit macht frei

Terminata la visita a Birkenau, ci rechiamo ad Auschwitz I in tempo per l’apertura. Veniamo travolti da centinaia di turisti fra cui, per fortuna, moltissime scolaresche.

Quello che immediatamente ci infastidisce qui, come era accaduto a Birkenau, sono i visitatori che si fanno il Selfie sotto la drammatica scritta ARBEIT MACHT FREI il cui impatto su di noi è fortissimo.

Crediamo che non sia possibile visitare Auschwitz senza aver prima letto, studiato di Auschwitz e sicuramente uno dei primissimi testi da affrontare è: VISITARE AUSCHWITZ di Frediano Sessi che portiamo con noi e che ci guida fra i viali del lager.

_L7X1013

Iniziamo visitando i vecchi blocchi diventati una sorta di padiglioni commemorativi in cui sono raccolti gli oggetti che erano di proprietà dei deportati: sconvolgenti. 

L’emozione è fortissima tanto che dinnanzi agli abiti e ai giocattoli dei piccoli prigionieri scorgiamo intorno a noi più di un volto rigato dalle lacrime. 

_L7X1026

Lungo le pareti di uno dei corridoi sono appese moltissime fotografie di prigionieri e prigioniere. Delle tante letture che ci hanno accompagnato e preparato per questa visita ci sovviene subito alla mente il volume: IL FOTOGRAFO DI AUSCHWITZ del fotografo Wilhelm Brasse, prigioniero politico di madre polacca e padre austriaco. In seguito all’invasione della Polonia nel 1939 Brasse ebbe molte pressioni da parte dei nazisti per entrare nella Wehrmacht. Essendosi rifiutato fu interrogato ripetutamente dalla Gestapo. Fallita la fuga in Francia, catturato al confine con l’Ungheria, venne incarcerato per quattro mesi. Continuando a rifiutarsi di “dichiarare la sua fedeltà a Hitler”, il 31 agosto 1940, fu deportato come prigioniero numero 3444 nel campo di concentramento di Auschwitz. Nel febbraio 1941 venne chiamato dal comandante di Auschwitz, Rudolf Höß, per via delle sue capacità in campo fotografico e per la sua conoscenza della lingua tedesca a lavorare nel laboratorio fotografico del lager.  Si devono a lui la maggior parte delle fotografie segnaletiche dei prigionieri.

FOTO 37

La nostra sensazione è quella di “riconoscere” ognuno di loro.

Auschwitz I è tristemente nota per essere uno dei luoghi dove si sono svolti i primi esperimenti di gassazione con il famigerato Ziklon B, esattamente nei sotterranei del blocco 11, per volere del vice comandante del lager, che fece uccidere 600 prigionieri russi e 300 prigionieri ebrei alla fine dell’agosto del 1941.

FOTO 3 ACCOMPAGNA TESTO ZYLON B

Visitiamo questo luogo agghiacciante.

Ci dirigiamo verso la camera a gas e al forno crematorio .

FOTO 40

Colti da una grandissima frenesia, scattiamo migliaia di fotografie, sentiamo il bisogno di catturare tutto per non dimenticare, per noi stessi, per i nostri figli, perché nulla di quanto stiamo vedendo qui vada dimenticato.

Le ore corrono veloci e il nostro autista ci aspetta per rientrare a Cracovia, ormai è buio e noi siamo sconvolti, questi luoghi, la loro storia, ciò che vi accadde ci hanno completamente travolto.

Saliamo in auto con la sensazione di aver lasciato un pezzo delle nostre anime e con il proposito di tornarvi quanto prima per capire, per approfondire meglio ciò che certamente ha causato in noi un forte turbamento.

 

La prima volta ad Auschwitz -Birkenau

_L7X0913.jpgLa prima volta ad Auschwitz – Birkenau è un colpo al cuore, all’anima, all’intelletto… a tutte le facoltà che l’uomo possiede. Per noi giunti a Cracovia in un bel pomeriggio di primavera, trovarsi la mattina dopo prestissimo davanti al cancello di Birkenau (ab-biamo scelto di visitare prima Birkenau piuttosto che lo stammlager Auschwitz I) è stato un vero shock.

Questo è certamente uno dei motivi che ci ha spinti a creare questo blog dove raccogliere tutte le esperienze che da quel primo viaggio si sono susseguite in un percorso di continua ricerca e studio e che sempre di più avvertiamo il dovere morale ed etico di condividere con chi si mostra interessato ad ascoltare, con chi come noi cerca di comprendere quanto accadde in quei terribili luoghi che furono i campi di concentramento e sterminio nazisti in terra polacca e non solo.

Auschwitz con il suo progetto concentrazionario e di sterminio nazista ha rappresentato la massima espressione della tecnologia del suo tempo applicata alla peggiore delle intenzioni: chi l’ha ideato l’ha fatto intenzionalmente e quindi responsabilmente programmandolo e attuandolo non solo con lo sterminio di milioni di ebrei ma anche con lo sfruttamento, la resa in schiavitù e la morte di migliaia di prigionieri politici polacchi, zingari, omosessuali, testimoni di Geova, preti…

Attraversiamo il cancello di Birkenau e seguiamo con lo sguardo il lungo binario della “neue rampe”, quella che portava direttamente al cuore dell’orrore.

La prima cosa che ci colpisce è l’enormità del luogo: a destra sullo sfondo un vagone, “memento mori” di migliaia di uomini giunti qui per morire.

_L7X3468

Chilometri di filo spinato e pali elettrici, le baracche delle cucine rimaste in piedi e quelle che servivano da dormitori, mostrano i loro tavolacci lignei su cui si ammassavano i prigionieri e le prigioniere di ogni luogo e di ogni età.

Ed ancora più in giù accanto al monumento commemorativo le macerie delle camere a gas e dei forni, si possono vedere ancora le scale e il locale dove i prigionieri venivano fatti spogliare prima di essere gasati.

Ma a Birkenau non si poteva solo morire, se si era prigioniero politico oppure “selezionato” dopo i famigerati trasporti, si rimaneva come “lavoratore” e allora si passava attraverso il locale sauna, dove si veniva spogliati, disinfettati, rasati, marchiati, vestiti. Ancora oggi visitare questo luogo mette i brividi o per lo meno questo è ciò che è accaduto a noi. 

_L7X3241

Oggi in questo luogo si viene accolti da alcuni grandi pannelli su cui sono esposte le fotografie che gli sventurati portavano con sé, volti che raccontano storie di famiglie intere distrutte.

Le grandi cisterne per la raccolta dell’acqua quasi nascoste nel verde….Birkenau “bosco di betulle”.

segue…