Tarnów: il museo che ancora non c’è …

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Durante il nostro  ultimo tour della Polonia decidiamo di fare tappa a Tarnów la “Perla del rinascimento” caratterizzata da un’atmosfera colma di fascino Galiziano. 

La cittadina a pianta medioevale, di cui si possono scorgere ancora frammenti delle vecchie mura difensive, ci accoglie con i suoi begli edifici gotici e rinascimentali, ma noi non siamo qui per fare i turisti ma perché abbiamo un appuntamento davvero speciale: ad attenderci nella piazza principale luminosa e colorata, brulicante di vita è l’imprenditore mestrino Renato Rossetto che qui ha realizzato un progetto al contempo ambizioso e filantropico.

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Andiamo con ordine, la vicenda ha inizio circa quaranta anni fa quando Renato incontra nel suo hotel di Mestre la bella Malgorzata, polacca di Tarnów, in vacanza in Italia. Come nella migliore delle favole i due si innamorano e convolano a nozze. Dopo il matrimonio i due giovani si recano così spesso a Tarnów, che Renato decide di ampliare le sue attività imprenditoriali aprendo proprio nel cuore della cittadina, un centro commerciale.

Ciò che accadrà di lì a poco Renato e Malgorzata proprio non potevano immaginarselo neanche lontanamente ed è lo stesso Renato a raccontarcelo nell’intervista che ci concede mentre visitiamo il suo “Yiddisher Huiz”.

F.: Buon giorno Renato, e grazie del tuo invito. Vuoi raccontarci che cos’è il progetto “Yiddisher Huiz” e di che cosa si occupa la fondazione Margherita e Renato Rossetto qui a Tarnów?

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R.: Buon giorno Federica, grazie dell’occasione, sono orgoglioso di presentare questo progetto, che è un progetto infinitamente più grande del sottoscritto, che prende il nome di “Yddischer Huiz” ossia la casa degli yiddish, in cui chiunque potrà entrare per vedere come vivevano, prima del nazismo gli ebrei della Shoah. 

F.: E come pensi concretizzare questo tuo progetto?

R.: Il progetto si concretizzerà nelle sale del museo che avete visitato, formato da tre edifici originali che ho acquistato e ristrutturato completamente e che affacciano sulla piazza principale.

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Vorrei che questo museo rendesse omaggio al popolo ebraico, che è stato tanto ingiustamente devastato.

F.: Siamo non lontani da Auschwitz, luogo per eccellenza della memoria e del ricordo. Che rapporto vedi fra questi due luoghi, sono due luoghi che secondo te potranno coesistere, dialogare?

R.: Auschwitz ci riporta alla dimensione della morte, della tragedia, con questo progetto noi qui vogliamo ricordare la dimensione della vita. Penso saranno complementari nel senso che chi andrà ad Auschwitz potrà venire anche qui e qui potrà conoscere come gli ebrei vivevano prima Shoah, sino al 1930.

F.: Ci hai raccontato che cos’è il progetto “Yddischer Huiz”, la Casa degli Yddisch, ci hai raccontato e fatto visitare il museo ma adesso vorremmo capire meglio perché tu, Renato Rossetto, cattolico, imprenditore italiano, ha deciso di dare una voce ai martiri della Shoah?

Ciò che mi è accaduto è un fatto davvero insolito, infatti mentre stavo costruendo un centro commerciale ho ritrovato nelle fondamenta degli edifici dei dollari e delle sterline che erano state nascoste nel muro dietro ad alcuni mattoni.

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Al momento del ritrovamento mi sono trovato a vivere una sorta di esperienza extracorporea, in cui ho avuto la sensazione di incontrare l’uomo che li aveva nascosti ed alcuni suoi amici che mi hanno accolto e che in qualche modo mi ha chiesto di non dimenticarli. In quel momento ho capito che non vi sarebbe stato nessun nuovo centro commerciale ma che quelle case un tempo abitate da ebrei sarebbero diventate un museo, un museo della vita, dedicato alla loro vita, alla vita degli ebrei vittime della Shoah.

F.: Quindi a quel punto il tuo business si è trasformato in qualche cosa di completamente diverso, ha perso il suo carattere commerciale ed ha assunto per così dire una forma più spirituale, filantropica…

R: assolutamente si! Da quel momento ho capito che mi era stata affidata una missione, che ero stato scelto, sono diventato uno strumento e per questo motivo ho creato la Fondazione , perdendo quindi totalmente la proprietà, Fondazione che è vincolata a realizzare il museo della vita ebraica, fino al 1930 e non oltre, perché oltre c’è Auschwitz, dove come abbiamo detto si commemora la morte, qui si dovrà ricordare la vita.

F.: Quindi secondo te un ipotetico viaggiatore dovrebbe  prima visitare Tarnów e poi Auschwitz oppure il contrario?

R.: entrambe le cose oppure rinunciare ad Auschwitz!

F.: Rinunciare ad Auschwitz? E’ un’affermazione molto forte, perché rinunciare ad Auschwitz?

R: Perchè quando si saprà come sono vissuti non si potrà sopportare come sono morti.

F.: Ma non si può dimenticare, non si deve dimenticare…

R.: No, assolutamente, io ritengo che la Shoah sia la cosa più grave che sia accaduta all’umanità dopo il diluvio universale!

Il mio è un impegno importante e concreto, trovo difficoltà a realizzarlo perché secondo me la Comunità Ebraica è come gelosa, e l’intromissione di un cristiano anche se ben disposto sembra non essere ben accetta. Tant’è vero che il museo è pronto già da dodici anni, vuoto, ed io cerco disperatamente con tutte le mie forze di coinvolgere qualsiasi comunità… Ho avuto tanti pareri favorevoli ma neanche un centesimo.

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F.: Si, perché ricordiamo che qui tutto è stato fatto a tue spese, senza nessuna sovvenzione, giusto?

Assolutamente si! E ripeto con la creazione della Fondazione ho perso totalmente la proprietà.

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F.: Erano molti gli ebrei a Tarnów prima della guerra?

R: Qui gli ebrei erano più o meno  la metà della popolazione, e fra morti in loco e deportati parliamo di circa quaranta mila persone alle quali e non solo a loro ma a tutti i sei milioni di ebrei assassinati dai nazisti intendo dare “una casa” con questo progetto.

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F.: Grazie Renato per aver condiviso con noi questo tuo progetto davvero speciale e per averci fatto visitare questo luogo che speriamo presto diventi ciò che tu hai immaginato.

R.: Grazie a te ed Aldo per essere arrivati sino a qui e per l’occasione di poter condividere il mio lavoro.

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Incontrare Renato ed il suo progetto è stata davvero un’emozione speciale, lo salutiamo e mentre rientriamo a Cracovia non riusciamo a smettere di pensare a quante energie fisiche e mentali questo intraprendente e visionario mestrino ha profuso per questo suo lungimirante progetto.

Per chi chi volesse approfondire segnaliamo il suo sito.