Vescovi a Dachau

Dachau

Il “Reichskoncordat” fra la Santa Sede e la Germania nazista, fu firmato il 20 luglio del 1933 e successivamente ratificato il 10 settembre dello stesso anno.

Firmatari per la Santa Sede l’allora cardinale Eugenio Pacelli, futuro papa Pio XII e per la Germania il presidente tedesco Paul von Hindeburg.

L’obbiettivo della Santa Sede era quello di garantire alla chiesa la sua libertà e la garanzia dell’assistenza spirituale, dato che il regime nazista non esitava ad incarcerare i sacerdoti cattolici e tantomeno a chiuderne giornali e a perquisirne i circoli, quello dei nazisti era innanzi tutto assicurarsi la lealtà dei vescovi attraverso un giuramento, garantendosi che tutti i preti fossero tedeschi e quindi soggetti alle leggi imposte dai nazisti.

E’ chiaro che essendo stato eletto papa nel 1939 Eugenio Pacelli ha avuto un ruolo fondamentale sia prima che dopo la sua elezione: scrive John Cornwell nel suo libro “Il papa di Hitler la storia segreta di Pio XII” edizioni Garzanti:

”L’approccio di Pacelli fu quello di dichiarare che la Santa Sede era pronta a riconoscere il Reich di Hitler a prescindere dai suoi reati contro le altre fedi, a patto che in Germania la chiesa Cattolica fosse lasciata in pace.”

Nonostante il Concordato il regime nazista incarcerò migliaia di ecclesiastici, da semplici preti di campagna ad importanti vescovi polacchi e non solo.

La Santa Sede era perfettamente a conoscenza grazie alla sua potente rete diplomatica di quanto stava accadendo, in particolare grazie alle informazioni provenienti da monsignor Cesare Orsenigo, nunzio apostolico presso Berlino sin dal 1930 e per tutta la durata della guerra, le cui svariate richieste di visitare i campi per “portarvi libri di preghiere e recitarvi la messa” vennero sistematicamente rifiutate dalle autorità naziste.

Rifiuto che provocò la reazione del segretario di Stato della Santa Sede, cardinal Luigi Maglione che in una lettera datata 23 ottobre 1940 propose:

”il trasferimento dei sacerdoti polacchi in uno dei paesi neutrali d’Europa o in una delle repubbliche sudamericane” (1).

La  reazione delle autorità tedesche fu tutt’altro che volta ad accondiscendere le richieste del cardinal Maglione e il 9 novembre 1940, il ministro del Reich per gli affari ecclesiastici, Hanns Kerrl scrisse all’arcivescovo di Breslavia:

” Secondo una decisione del capo delle SS e del capo della polizia tedesca, tutti i sacerdoti finora internati nei vari campi di concentramento verranno riuniti nel campo di Dachau. Lì saranno sottoposti solo a lavori leggeri. In più sarà loro data la possibilità di “leggere” o di “seguire” la messa ogni giorno… Come il Capo della polizia di sicurezza mi ha annunciato poi: non si può fare eccezione per i cadaveri dei preti defunti, verranno cremati secondo la regola che vale per tutti gli altri prigionieri…”

Nelle settimane successive, vennero riuniti nel lager di Dachau tutti gli ecclesiastici detenuti negli altri campi, dove inizialmente erano stati deportati: Oranienburg-Sachsenhausen, Buchenwald, Mathausen-Gusen.

Vi  giunsero  anche monsignor Franciszek Korszyński arrestato a Włocławek in Polonia, nella notte fra il 22 e il 23 settembre 1939 e monsignor Kazimierz Majdański arrestato sempre a Włocławek con tutti gli alunni e i professori del seminario cittadino il 7 novembre 1939.

Anche solo ponendo attenzione alle date degli arresti ci possiamo rendere facilmente conto di quanto fulminea ed immediata sia stata da parte dei tedeschi l’aggressione all’ Inteligentia polacca fianco in seno alla Chiesa Cattolica.

Le loro memorie, raccolte in due distinti volumi, pur raccontando lo stesso percorso o quanto meno un percorso molto simile nei fatti e nei luoghi, che contiene tutti gli elementi peculiari di chi è stato in quel tempo arresto, deportato ed imprigionato nei campi di concentramento, si differenziano profondamente sia nello stile narrativo che in parte negli intenti.

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Il volume “Un Vescovo polacco a Dachau”, Morcelliana edizioni, di mons. Francisek Korszyński  è caratterizzato da grande sobrietà ed oggettività, che gli conferiscono a pieno titolo un posto fra i libri di storia, una storia vissuta, patita, raccontata in forma di memorie, di un ricordo che non potrà e dovrà mai essere dimenticato. Il volume si apre con il racconto dell’arresto, come detto avvenuto la notte fra il 22 e 23 settembre del 1939, per raccontare in rapida successione i vari trasferimenti in diverse prigioni, fra cui quelle di Poznan e Berlino, Weimar e Norimberga sino a giungere al lager di Dachau il 25 Aprile 1941:

”… era la sera del 25 Aprile 1941. In quel memorabile giorno incominciò la nostra vita da prigionieri a Dachau, vita di lavoro, di sofferenza e di preghiera…” (2).

La narrazione che procede apparentemente simile a quella di un qualsiasi altro volume di memorie su questo tema ha però il suo cardine nel vigore della Fede Cristiana che nell’accomunare il martirio degli uomini a quello del Cristo Redentore è stata capace di dare significato a tutte le sofferenze subite.

Il volume si conclude con la tanto sospirata liberazione avvenuta il 29 aprile 1945 con l’arrivo delle truppe americane.

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Le memorie di monsignor Kazimierz Majdański (Un vescovo dai lager, edizioni Ares) invece non si limitano a presentare una cronaca degli accadimenti e della vita nel campo ma si propongono anche come riflessione che interroga l’uomo su cosa possa accadere quando ogni riferimento a Dio e alla sua legge morale viene abbandonato.

Anche in queste memorie la forza della Fede risulta superiore ad ogni barbarie, ad ogni atrocità, come scrive nella presentazione al volume il Presidente del pontificio Consiglio per la famiglia (dal 1985 al 1990) cardinal Edouard Gagnon :

“ l’eroismo dei testimoni noti ed ignoti che hanno affrontato la barbarie dei lager ravviva la speranza che la luce di Cristo non si spegne mai, che la forza della sua Redenzione continua a operare nel cuore degli uomini, anche quando la malvagità sembra prendere il sopravvento.” (3)

Sicuramente i rapporti fra la Santa Sede ed il regime nazista sono stati quanto meno poco limpidi e non hanno contribuito a salvaguardare dalle atrocità dei campi di sterminio sacerdoti di ogni ordine e grado, sopratutto polacchi.

Nel campo di concentramento di Dachau, tra il 1939 e il 1945, furono internati, nei famigerati blocchi 26, 28 e 30 destinati escusivamente ai religiosi,  2.579 prigionieri tra sacerdoti, religiosi, seminaristi cattolici provenienti da tutto il territorio del Terzo Reich, di questi oltre 1700 provenivano dalla Polonia, 1034 quelli che vi persero la vita, per la maggior parte polacchi.

Ancora una volta il nostro percorso di studi ci ha portati a conoscere quanto la Polonia ed i suoi figli abbiano subito e sofferto e quanto all’interno del folle sistema concentrazionario vi fossero situazioni peculiari riguardanti singoli gruppi di uomini, arrestati, deportati, torturati ed uccisi perché considerati oppositori al regime nazista.

 

Note:

(1): Lettera del cardinale Maglione al nunzio a Berlino Orsenigo (216) in Actes et documentes du Saint Siege relatifs a la seconde guerre mondiale, vol. 3, Libreria Editrice Vaticana, pag. 3. 1967.

(2): Un Vescovo polacco a Dachau, Francisek Korszyński, Morcelliana, pag. 34. 1982 (ediz. originale 1957).

(3): Un Vescovo dai Lager, Kazimierz Majdański, Edizioni Ares, pag.12. 1990 (ediz. originale 1987).