Karol Tendera: prigioniero n. 100430

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Karol è un signore polacco di oltre 95 anni che appena diciannovenne, mentre si trovava a scuola, è stato preso dalla gestapo e deportato in Germania come lavoratore coatto: Karol è stato rinchiuso sia nel lager di Auschwitz che in quello di Birkenau.

Karol come altre centinaia di migliaia di suoi compatrioti era destinato, secondo il progetto nazista, ad essere eliminato perché la Polonia, la sua terra, doveva essere liberata dai polacchi e ripopolata dai tedeschi, questo è quanto dichiarava in un famoso discorso Himmler:

”Il nostro compito non è quello di una germanizzazione nel vecchio significato della parola, cioè insegnando la lingua e le leggi tedesche alle persone residenti in Polonia, ma piuttosto ripopolando quelle stesse terre con dei coloni di pura razza germanica”. 

Anche le intenzioni dello stesso Hitler in tal senso erano molto chiare, infatti nel suo discorso del 22 agosto 1939 ai generali della Wermacht egli dichiarò:

”Ho inviato le mie truppe speciali ad oriente con l’ordine di uccidere senza pietà uomini, donne e bambini di origine e lingua polacca. Questo è l’unico modo per guadagnare lo spazio vitale di cui abbiamo bisogno:…la Polonia sarà spopolata e ripopolata dai tedeschi”. 

Certo che Karol in quanto prigioniero politico non è stato sottoposto alla selezione di rito e destinato alle camere a gas, ma è stato fatto prigioniero o forse dovremmo dire schiavo nel lager. Karol non aveva nulla che fare con la politica, era semplicemente un giovane studente.

Le vittime polacche del regime nazista furono all’incirca sei milioni.

La mattina è freddissima, la neve cade copiosa e noi abbiamo appuntamento nella hall

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Auschwitz I

Arbeit macht frei

Terminata la visita a Birkenau, ci rechiamo ad Auschwitz I in tempo per l’apertura. Veniamo travolti da centinaia di turisti fra cui, per fortuna, moltissime scolaresche.

Quello che immediatamente ci infastidisce qui, come era accaduto a Birkenau, sono i visitatori che si fanno il Selfie sotto la drammatica scritta ARBEIT MACHT FREI il cui impatto su di noi è fortissimo.

Crediamo che non sia possibile visitare Auschwitz senza aver prima letto, studiato di Auschwitz e sicuramente uno dei primissimi testi da affrontare è: VISITARE AUSCHWITZ di Frediano Sessi che portiamo con noi e che ci guida fra i viali del lager.

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Iniziamo visitando i vecchi blocchi diventati una sorta di padiglioni commemorativi in cui sono raccolti gli oggetti che erano di proprietà dei deportati: sconvolgenti. 

L’emozione è fortissima tanto che dinnanzi agli abiti e ai giocattoli dei piccoli prigionieri scorgiamo intorno a noi più di un volto rigato dalle lacrime. 

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Lungo le pareti di uno dei corridoi sono appese moltissime fotografie di prigionieri e prigioniere. Delle tante letture che ci hanno accompagnato e preparato per questa visita ci sovviene subito alla mente il volume: IL FOTOGRAFO DI AUSCHWITZ del fotografo Wilhelm Brasse, prigioniero politico di madre polacca e padre austriaco. In seguito all’invasione della Polonia nel 1939 Brasse ebbe molte pressioni da parte dei nazisti per entrare nella Wehrmacht. Essendosi rifiutato fu interrogato ripetutamente dalla Gestapo. Fallita la fuga in Francia, catturato al confine con l’Ungheria, venne incarcerato per quattro mesi. Continuando a rifiutarsi di “dichiarare la sua fedeltà a Hitler”, il 31 agosto 1940, fu deportato come prigioniero numero 3444 nel campo di concentramento di Auschwitz. Nel febbraio 1941 venne chiamato dal comandante di Auschwitz, Rudolf Höß, per via delle sue capacità in campo fotografico e per la sua conoscenza della lingua tedesca a lavorare nel laboratorio fotografico del lager.  Si devono a lui la maggior parte delle fotografie segnaletiche dei prigionieri.

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La nostra sensazione è quella di “riconoscere” ognuno di loro.

Auschwitz I è tristemente nota per essere uno dei luoghi dove si sono svolti i primi esperimenti di gassazione con il famigerato Ziklon B, esattamente nei sotterranei del blocco 11, per volere del vice comandante del lager, che fece uccidere 600 prigionieri russi e 300 prigionieri ebrei alla fine dell’agosto del 1941.

FOTO 3 ACCOMPAGNA TESTO ZYLON B

Visitiamo questo luogo agghiacciante.

Ci dirigiamo verso la camera a gas e al forno crematorio .

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Colti da una grandissima frenesia, scattiamo migliaia di fotografie, sentiamo il bisogno di catturare tutto per non dimenticare, per noi stessi, per i nostri figli, perché nulla di quanto stiamo vedendo qui vada dimenticato.

Le ore corrono veloci e il nostro autista ci aspetta per rientrare a Cracovia, ormai è buio e noi siamo sconvolti, questi luoghi, la loro storia, ciò che vi accadde ci hanno completamente travolto.

Saliamo in auto con la sensazione di aver lasciato un pezzo delle nostre anime e con il proposito di tornarvi quanto prima per capire, per approfondire meglio ciò che certamente ha causato in noi un forte turbamento.